LA SALDATURA DEI MODELLI IN OTTONE
A cura di Riccardo Olivero

Chi ha detto che saldare è difficile?
Prima di tutto va sottolineato che ha pienamente torto chi sostiene che saldare a stagno* sia un’arte alla portata di pochi modellisti dotati di capacità fuori dal comune, che possiedono attrezzature di qualità e costo elevati. Dipingere la volta della Cappella Sistina sdraiati sulla schiena, come fece Michelangelo, è sicuramente questione di immensa volontà e di raro talento; montare un kit in ottone è solamente questione di pazienza, esercizio, ed un insegnamento mirato che permetta di superare gli scogli iniziali. Non è necessaria alcuna dote particolare, al limite, si può parlare di attitudine ai lavori manuali: chi ne ha in buona quantità, semplicemente imparerà più in fretta.
Lo scopo di questo master è quello di affrontare nella teoria e nella pratica la maggior parte dei casi che si presentano nel fermodellismo, per offrire un ventaglio completo di metodologie e permettere a tutti i frequentanti di poter intraprendere senza problemi il montaggio di ogni tipo di kit, fino arrivare - dopo la necessaria esperienza - anche ad assemblare quelli più complessi.

L’attrezzatura necessaria
Esistono tre tipi di saldatori per lavorare con lo stagno:
Saldatore tradizionale, funzionante a corrente elettrica 220 Volt. Non è strettamente necessario comprare un attrezzo dal costo elevato, tuttavia è meglio evitare quelli dal costo di pochi centesimi che a volte si trovano nei centri commerciali con la punta in rame non rivestita, destinata a durare pochissimo sotto all’aggressione dell’acido flussante. Un buon saldatore per fermodellismo deve avere almeno 30/40 Watt di potenza, avere la punta rivestita (di color argento), molto meglio se intercambiabile: in questo caso ci procureremo alcune punte di foggia differente. Servono una punta molto allungata e sottilissima per i dettagli, una punta dai bordi squadrati per le saldature lunghe, ed una punta tozza ed arrotondata per saldature localizzate dove si apporta molto stagno. Al saldatore va annesso il sostegno a molla comprensivo di vasca per la spugnetta; questa servirà per pulirne le punte e la molla per reggerlo mentre è in temperatura, senza rischiare di bruciare nulla. Da evitare i saldatori ?rapidi?, che sono utili per l’elettronica ma non per costruire modelli. Le stazioni saldanti regolabili in temperatura, che comprendono anche sostegno e spugnetta, rappresentano una soluzione completa e versatile ma assai più costosa; non sono comunque necessarie perché è sufficiente un solo saldatore tradizionale di buona qualità.
Saldatore a fiamma (di gas butano). Di frequente utilità ma non strettamente necessario, è di potenza elevata dunque richiede esercizio per non fondere le altre saldature già presenti sul modello; non si può dunque usare per i piccoli dettagli. Rappresenta però la migliore soluzione per l’assemblaggio delle casse, dei telai e delle caldaie, in generale per fare saldature lunghe di grande pulizia con minimo apporto di materiale. Esistono saldatori di questo tipo in vendita nelle ferramente per 3/4 Euro, delle dimensioni di una penna stilografica: possono andare benissimo per iniziare.
Saldatore a resistenza. E’ un’apparecchiatura dal costo notevole, da considerarsi del tutto accessoria benché utile per casi particolari, come il posizionamento di dettagli vicinissimi che richiedono una lavorazione precisa con il rischio di fondere le saldature vicine. Funziona con il principio dell’arco elettrico, permettendo riscaldamenti rapidissimi e molto localizzati. Non sostituisce comunque i saldatori precedenti. Io non lo possiedo ed ho qui riportato i commenti tratti dall’esperienza di famosi modellisti stranieri che ne fanno uso e che ne hanno riportato le impressioni su articoli e libri.

Note di manutenzione
I saldatori sono strumenti delicati, che devono essere conservati con cura. Non lasciare mai che le punte del saldatore si ossidino con accumulo di sporcizia: in questo modo la trasmissione del calore è compromessa. Non usare mai lime o carta vetrata per pulirle, potrebbero scalfirne la protezione superficiale. Per pulirle, se necessario, immergerle brevemente a caldo nella pasta disossidante, asciugandole subito sulla spugnetta; se rimane comunque qualche scoria, farla saltare agendo delicatamente con la punta di un cacciavite.
Per il saldatore a gas, utilizzare SEMPRE gas per accendini di tipo “ultrafine” della migliore qualità, pena la durata brevissima dell’attrezzo per letale intasamento: può succedere che la bottiglietta di gas liquido costi più dei saldatori economici, ma il gioco sicuramente vale la candela perché con le confezioni di gas più comuni l’attrezzo non sopravvive per la durata di montaggio di un solo modello.

I disossidanti:
Liquido (flux o flussante ): è ciò che ci permette di saldare. Si trova in ferramenta in confezioni da litro oppure (a prezzi superiori?) in botticini specifici per modellismo; ne esistono di tipi diversi per saldare a stagno, argento o altre leghe. Di solito il tipo più diffuso va bene proprio per lo stagno. Si cosparge utilizzando un pennello fine, meglio se completamente in materiale plastico data la sua natura corrosiva per i metalli.
In pasta: assai meno efficace, è presente in piccola quantità nell’anima del filo di stagno ?da elettronica? di comune reperibilità; conviene comunque averne sempre una confezione, da utilizzare in casi specifici dove si teme che la facile diffusione per capillarità del flux liquido possa attirare lo stagno in posti dove non deve assolutamente andare (assali, ingranaggi ed in generale tutte le parti in movimento). La pasta si posiziona con l’ausilio di uno stecchino oppure di una piccola spatola in materiale plastico.

Lo stagno:
Stagno da elettronica con anima disossidante, reperibile in vari diametri. E’ una lega a temperatura di fusione media che genera saldature di buona resistenza; può benissimo essere usata da sola per tutto un modello, ma rende il lavoro più difficile proprio perché ha bisogno di molto calore per raggiungere lo stato liquido.
Stagno tipo Carr’s 145° ?detailing solder? specifico per modellismo: si tratta di una lega con punto di fusione più basso, senza anima disossidante, che ?corre? per capillarità con immediatezza ed efficacia, con un grado di resistenza del tutto paragonabile allo stagno da elettronica. Viene chiamato ?stagno per dettagli? appunto per il suo utilizzo primario nel montaggio dei particolari più piccoli e sottili senza rischiare di rovinare le saldature strutturali. Tuttavia, può essere usato con grandi risultati per tutte le saldature e sostituire completamente la lega più forte.

Per togliere lo stagno di troppo:
La treccia: si tratta di un sottile nastro fatto di minuscoli fili intrecciati, che posta su una saldatura da eliminare e riscaldata premendo su di essa la punta del saldatore, per capillarità assorbe la lega tra le sue maglie e pulisce il pezzo. Facendo saldature con il minimo apporto di materiale, il suo uso è sporadico.
La siringa aspirante: stesso uso della treccia, questo attrezzo possiede una molla a scatto e aspira al suo interno lo stagno allo stato liquido, eliminandolo dal pezzo. Non è necessaria per i nostri lavori di piccole dimensioni.
Carta vetrata fine, cutter del tipo a bisturi con lamette triangolari, lime economiche (non utilizziamo le nostre lime migliori per togliere lo stagno, che notoriamente le rovina!)

Attrezzature di contorno ma necessarie:
La "terza mano", fondamentale attrezzo dotato di un basamento stabile con due o più pinzette regolabili che permettono di avvicinare i pezzi, modificarne la posizione fino a trovare il giusto allineamento, e di avere entrambe le mani libere durante l’operazione di saldatura.
Pinzette di alluminio da parrucchiera (?becchi d’oca?) singole e doppie: servono per tenere anch’esse i pezzi mentre si salda in particolari situazioni.
Spazzolino a setole di nylon o meglio ancora ottone, da utilizzare immediatamente alla fine di ogni saldatura appena si raffredda il materiale per togliere i residui solidi.
Vaschetta di plastica contenente acqua e soda Solvay (un cucchiaino per un litro; vanno benissimo le vaschette trasparenti a pareti basse usate per confezionare la carne nei supermercati) per immergere i pezzi a lavorazione finita, già spazzolati, neutralizzando l’effetto corrosivo del disossidante. In alternativa a questo, è possibile lavarli con acqua calda e sapone, facendo uso di uno spazzolino da denti, alla fine di ogni sessione di lavoro. Se durante questa fase, raschiando con lo spazzolino, uno o più pezzi si staccheranno, significa che non erano stati saldati a dovere: non dimentichiamo che una saldatura a stagno ben fatta è un legame robusto, migliore di qualunque incollaggio e soprattutto assolutamente duraturo.

Cominciamo con l’atteggiamento giusto
La prime cose da imparare prima ancora di prendere il saldatore (tradizionale) in mano sono le due regole basilari:
1) La punta calda del saldatore, se non è leggermente intrisa di stagno di un bel colore argento lucente, non trasmette calore rendendo impossibile la fusione della lega brasante. Nell’attesa tra una lavorazione e l’altra la punta tende ad ossidarsi ed assume un colore scuro, dunque è necessario pulirla sulla spugnetta o nella pasta disossidante e nuovamente ricoprirla di stagno.
2) Per far passare il calore, la procedura corretta è accostare la punta del saldatore nella zona voluta, ed attendere per qualche secondo che il calore si diffonda, senza muoverla come se si usasse un raschietto; raggiunta la giusta temperatura su entrambe le parti da saldare, lo stagno liquefatto andrà a correre per capillarità esattamente nei punti che sono stati precedentemente trattati con il liquido disossidante. Se non si riesce a fondere lo stagno, è possibile che una delle due parti da saldare sia troppo voluminosa (in questo caso il saldatore non riesce a far raggiungere la temperatura di fusione ai pezzi), ma più facilmente può essere che si stia utilizzando una punta troppo sottile: in questo caso sostituirla con una punta più tozza, oppure cercare di toccare le parti non con l’estremità, ma leggermente più vicino al manico dove la sezione è più spessa e permette un’area di contatto più estesa. Lo stagno dovrà fondersi completamente dissolvendo ed allargando ogni accumulo o spessore, assumendo un colore argento uniforme; se questo non succede, la lega diventerà pastosa ma non liquida, con accumuli di colore nerastro antiestetici e privi di ogni resistenza (detta in gergo “saldatura fredda”, da evitare assolutamente).

Come saldare e con quale saldatore?
Esistono numerosissimi casi di saldature possibili, alcuni sono da studiare “ad hoc” ragionando sulla problematica particolare che si presenta, tuttavia in un modello di rotabile oppure di accessorio a tema ferroviario si possono sintetizzare i seguenti casi:

• Saldatura angolare continua;
• Saldatura di punta;
• Saldatura di microfusioni o elementi in tornitura a lamiere sottili;
• Riempimenti di fori o fessure;
• Applicazione di dettagli minuti.

Saldatura angolare continua
(Saldatore a fiamma ++++; Saldatore tradizionale ++++)**
E’ il primo caso che si presenta nel montaggio di un kit in fotoincisione; gli elementi strutturali, piegati a dovere e preparati per l’assemblaggio, richiedono saldature lunghe e continue per tenerli insieme in posizioni angolate e precise.
Con l’utilizzo della terza mano e delle pinzette in alluminio, avviciniamo i pezzi con la massima precisione possibile, una saldatura per volta. Con l’ausilio del pennello, facciamo penetrare il liquido disossidante su tutta la lunghezza in cui è richiesta la saldatura, cospargendolo senza troppa parsimonia ma facendo somma attenzione a non farlo colare su parti dove lo stagno non deve arrivare. Le saldature strutturali andranno eseguite dall’interno (della cassa, cabina, caldaia, telaio o avancorpo che si tratti) dunque tutte queste operazioni andranno fatte dalla parte che a modello finito risulterà nascosta.
Se utilizzeremo il saldatore a fiamma, tagliamo alcune sezioni di filo di stagno lunghe 1/2 mm. ed appoggiamole con le pinzette lungo la “pista” bagnata di disossidante, che contribuirà ad incollarle leggermente; ne metteremo un pezzettino ogni 1 cm. circa, a seconda del tipo di saldatura, e posizioneremo la coppia di pezzi nella terza mano in maniera che la linea di saldatura sia rivolta verso l’alto in posizione grossomodo orizzontale. A questo punto, accendiamo il saldatore a gas e regoliamo l’erogazione al minimo consentito con una fiamma stabile: andiamo dunque a scaldare le parti, preferibilmente dalla parte esterna questa volta, per 2 o 3 secondi fino a quando i pezzettini di stagno non si sciolgono unendosi e formando una colatura uniforme e sottilissima, che facilmente non richiederà ulteriori finiture. Appena lo stagno inizia a correre, non indugiare e spostare subito la fiamma; se la saldatura non si fosse ancora completata si è sempre in tempo a scaldare nuovamente. Ricordiamo infatti che la fiamma a gas è potente e alla lunga potrebbe distruggere i nostri pezzi più sottili.
Se adoperiamo il saldatore tradizionale: a punta (di tipo squadrato, non troppo affilata) ben pulita e cosparsa di stagno fino a formare una piccola goccia, appoggiamola sul punto di contatto delle due lamiere ed aspettiamo qualche secondo; vedremo lo stagno migrare dalla punta del saldatore lungo la fessura cosparsa di disossidante. In questo sarà nostra complice anche una utile rotazione del basamento della terza mano (da farsi con la mano libera) per sfruttare la componente gravità: la lega di stagno è pesante e tende a colare verso il basso, ma non dimentichiamo che lo stagno principalmente va dove c’è calore. Spostando la punta del saldatore lentamente lungo l’unione dei pezzi, ne velocizzeremo la colatura senza scaldare eccessivamente i pezzi portandoli per intero alla temperatura di fusione. Se la saldatura sarà particolarmente lunga, dovremo interrompere, mettere altro stagno sulla punta e ricominciare (senza alcun problema) da dove la colata aveva esaurito la sua corsa per capillarità.

Saldatura di punta
(Saldatore a fiamma ++++, Saldatore tradizionale ++)
Questo è un caso tipico che si presenta nel montare modelli di vaporiere in fotoincisione che presentano la particolarità della caldaia tronco conica. Questa richiede di essere assemblata in parti separate (i due cilindri di diametri diversi, più la parte a tronco di cono) che vanno rigorosamente saldate di punta. E’ questo un caso particolarmente complesso che per fortuna non è molto ricorrente in ambito FS; l’aggravante è inoltre quella della difficoltà di saldare dall’interno una struttura conformata a caldaia, all’interno della quale il saldatore tradizionale spesso non passa o non arriva. Si tratta inoltre di una saldatura che va eseguita con la quantità di stagno minore possibile, che richieda solo una minima rifinitura successiva: utilizzando lime e carta vetrata, si rischiano infatti di cancellare i particolari incisi sulle fodere della caldaia. La maniera migliore è dunque quella di “stagnare” i bordi dei vari spezzoni di caldaia già calandrati (cioè depositare un sottile strato di stagno su di essi dall’interno, nelle zone più immediate a dove devono saldarsi con il pezzo successivo) facendo uso del saldatore tradizionale, usato come se fosse un pennello; quando i pezzi saranno freddi, si accostano bloccandoli con estrema precisione con la terza mano (facendo attenzione che siano ben a contatto e livellati) e a questo punto si scalda dall’esterno con la fiamma, muovendola lungo la fessura circolare. Si osserverà come un finissimo filo color argento si creerà lungo la fessura, seguendo il movimento della fiamma, saldando i pezzi e stuccando al meglio la problematica zona di contatto di punta. Se eseguito correttamente, questo tipo di saldatura lascerà difficilmente intendere che la caldaia è fatta in più parti separate. Utilizzando invece il solo saldatore tradizionale, rimane più difficile trasferire il calore agendo dall’esterno, senza rischiare di depositare qualche goccia di stagno: come abbiamo visto la punta del saldatore, se completamente asciutta, non trasferisce calore. Per questa particolare necessità il saldatore a fiamma facilita decisamente il lavoro, garantendo un risultato assai superiore.

Saldatura di microfusioni o elementi in tornitura a lamiere sottili
(Saldatore a fiamma ++++, Saldatore tradizionale +)
Questo caso è piuttosto ampio e va valutato situazione per situazione. Se la microfusione o la tornitura è un pezzo di ridotte dimensioni, poco più di un dettaglio, la saldatura è comunque facile specialmente con lo stagno 145°. Se invece le dimensioni di uno dei due pezzi da saldare sono importanti (l’esempio classico è rappresentato da duomo, sabbiera e camino delle vaporiere, da saldare sul sottile lamierino della caldaia), i problemi crescono perché la necessità di calore diventa notevole, con il rischio di distruggere tutte le altre saldature già eseguite ed anche il lamierino stesso. Per raggiungere la temperatura di fusione dello stagno una microfusione di una certa massa impiega tempo, e mantiene questo calore ancora per decine di secondi dopo l’azione della fiamma; consiglio dunque in questi casi di evitare la saldatura in favore dell’incollaggio (con colla epossidica, che non patisce successivi riscaldamenti) per quanto riguarda la parti più grosse. Per le parti più piccole, consiglio invece di scaldare (sempre con la fiamma) non dove si vuole creare la saldatura, ma sulla fusione stessa nel punto più lontano possibile dal lamierino: il trasferimento del calore su tutta la massa fonderà lo stagno già predisposto, insieme al disossidante, nella zona di contatto, e scalderà il lamierino a sufficienza senza bruciarlo. E’ chiaro che in questi casi diventa molto difficile affidarsi al saldatore tradizionale, a meno di averne uno assai più potente dei 30/40W di norma, oppure di possedere una stazione di saldatura regolabile.

Riempimenti di fori e fessure
(Saldatore a fiamma ++++, Saldatore tradizionale ++++)
Questo è un utilizzo accessorio: nella maggioranza dei casi nell’accostare le parti da unire è inevitabile che si evidenzino fessure in qualche punto – se queste ultime non sono esagerate (lo stagno fuso è molto liquido ed estremamente capillare, dunque non può chiudere spazi superiori a 0,5 mm. senza un antiestetico impiego di materiale in grande quantità) si possono “stuccare” perfettamente con la saldatura stessa. Agendo sempre dall’interno (se possibile), la tecnica non si distacca granché dalla saldatura continua; solamente, più si scalda e più lo stagno diventa liquido, attaccandosi sempre meglio alle parti ma tendendo a lasciare le fessure aperte. Dunque, dovendo riempire oltre che unire le parti, conviene cercare di saldare piuttosto velocemente spostando il saldatore non appena lo stagno “corre”, seguendone la fusione lungo il percorso voluto senza però indugiare su di essa fino a quando la vaporizzazione del flussante è terminata. In questa maniera la saldatura rimane comunque ben fatta e resistente: per determinare questo è sufficiente come sempre controllarne il colore a lavorazione appena eseguita, affinché sia di un argento chiaro ed uniforme.

Applicazione di dettagli minuti
(Saldatore a fiamma +, Saldatore tradizionale ++++)
Questo è uno dei lavori più lunghi nel montaggio di un kit. Apparentemente è la struttura generale del modello che sembra destare le maggiori preoccupazioni di assemblaggio; in realtà la posa di tutti i dettagli estetici (molto numerosi specialmente sul materiale rotabile) è meno immediata di quanto sembra. Questo è il regno dello stagno 145°, a bassa temperatura di fusione, che permette di eseguire con il saldatore tradizionale (munito di punta il più possibile affilata) interventi rapidi che non compromettono le saldature strutturali. Diventa in questo modo possibile anche lavorare su dettagli vicinissimi tra di loro, se non si indugia più di un paio di secondi; tuttavia, per maggiore tranquillità, è molto meglio in questo caso usare accorgimenti per limitare la diffusione del calore. Questi possono essere di vario tipo, esistono anche dei liquidi appositi che hanno questa funzione, ma i più semplici rimangono le pinzette “becchi d’oca” ed i tamponi di cotone. Le pinzette in alluminio, posizionate in quantità nella zona dove si vuole limitare il passaggio di calore, incrementano la quantità di materiale esposta al calore e rallentano la sua diffusione, frenando l’aumento di temperatura. Si tratta di un rimedio per saldature non troppo vicine, comunque; quando si lavora a ridottissima distanza dall’intervento precedente, conviene usare i tamponi di cotone bagnati in acqua. Questi ultimi funzionano molto bene, ed hanno inoltre il pregio di “avvertire” quando il calore sta salendo eccessivamente: infatti l’acqua contenuta in essi inizia presto a bollire evaporando, e ciò significa che possiamo ancora continuare a scaldare al massimo per 5/6 secondi, tempo generalmente sufficiente. Per la saldatura dei dettagli si può apportare stagno in due modi: stagnando le superfici di contatto del dettaglio e della parte che deve accoglierlo (è il metodo più corretto specialmente per i pezzi più piccoli), diversamente si può apportare una microgoccia di stagno con la punta del saldatore, a pezzi già trattati con flussante.

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*Useremo queste parole per legarsi al modo di dire comune tra appassionati: in realtà “saldare” è un verbo sbagliato perché la dicitura corretta sarebbe “brasare a stagno”, dato che per saldatura si intende unione di due parti per fusione del loro stesso materiale, senza apporto di un materiale diverso come nel nostro caso.

**Metodo di valutazione dell’utilità dei tipi di saldatore a seconda del caso che si presenta:
++++ = molto adatto
+++ = sufficientemente adatto
++ = difficoltoso
+ = inadatto

A tutti i frequentanti, auguro dunque di divertirsi, e spero che grazie a queste note si possano evitare quegli errori iniziali che spesso portano al convincimento di non essere portati per la disciplina. Ricordiamo però che il modellismo “operativo” (che si distingue dal collezionismo di pezzi acquistati già montati), è un qualcosa che si deve imparare e che subisce un’evoluzione nel tempo. Non demoralizziamoci se la nostra prima realizzazione non sarà esattamente all’altezza dei migliori modelli commerciali: il secondo lavoro sarà già inaspettatamente migliore, con progressivo aumento della soddisfazione finale. Soddisfazione che andrà ad aggiungersi a quella (non indifferente) dell’aver realizzato un pezzo che al di là del risultato rappresenta la nostra volontà e passione, e perché no, la nostra caparbietà.
Non esitate a scrivermi per qualunque tipo di problema: il mio indirizzo privato è

Riccardo Olivero

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