Master sulla trasmissione
nei modelli ferroviari (parte 2)

Rieccoci a parlare di trasmissioni nel fermodellismo.

L'anno scorso durante queste "Giornate" (vedi MasterTrasmissione1) abbiamo fatto un tour panoramico, quasi a 360°, in questo strano mondo delle trasmissioni meccaniche. Abbiamo visto che si puo' trasmettere il moto rotatorio per mezzo di Ruote di Frizione, per mezzo di cinghie liscie o dentate, ma anche per mezzo di ruote dentate o con un accoppiamento Vite Senza Fine/Ruota Dentata.

Abbiamo visto altresi', come le varie soluzioni ci permettano di operare con assi paralleli, ortogonali o sghembi, tra di loro e abbiamo visto quali siano le nomenclature relative a tutti i componenti delle trasmissioni. Abbiamo visto le formule che ci permettono di padroneggiare le relazioni dei componenti tra di essi ed infine siamo timidamente entrati in quello che e' il vero fermodellismo, con esempi tratti dalla produzione di alcune grandi Case.

Ma non tutto e' stato digerito a dovere e in questo periodo ho ricevuto molte emails e parecchie telefonate con le richieste di chiarimento piu' varie, ma sostanzialmente la quasi totalita' non aveva ben chiaro il calcolo del rapporto di trasmissione, specialmente quando, nella cascata, si inserisce qualche ruota doppia, o per il cambio di modulo o per la necessita' di variare ulteriormente il rapporto finale di trasmissione.

Cominceremo questa seconda e ultima sessione dedicata alle trasmissioni, quindi, con le domande a ruota libera dei partecipanti, al fine di fare chiarezza e fugare ogni dubbio sull'argomento.

Nel frattempo voglio rispondere a qualcuna delle domande piu' ricorrenti che mi sono arrivate in questo anno, certo che qualcuna di queste sara' simile ad altre che mi vorreste porre e rispondera', quindi, ad alcune delle vostre attese o potra' fugare alcuni dubbi.

Per prima cosa noto spesso che viene usato il termine "ingranaggio" per intendere una singola "ruota dentata". Questo lessico e' errato, in quanto il termine "ingranaggio" indica espressamente l'accoppiamento di due o piu' ruote dentate, ingrananti tra di loro, unitamente al telaio che le sorregge e le tiene in posizione reciproca. Solo in questo caso si puo' parlare di "ingranaggio", mai un ingranaggio puo' essere rappresentato da una sola ruota dentata in quanto, in questo caso non "ingranerebbe" con nulla.

Altra definizione che a qualcuno non calza bene e' quella di "treno di ingranaggi" o "cascata di ingranaggi". In effetti e' una cosa molto semplice in quanto un treno di ingranaggi o rotismo o cascata di ingranaggi, che dir si voglia, è la combinazione di più ingranaggi che, a loro volta sono formati ognuno da due o piu' ruote dentate. La figura qui sotto potra' servire per spiegare l'essenza minima di un treno di ingranaggi. Nella fattispecie, si notera' come all'interno di un treno di ingranaggi possano essere usati moduli diversi e tipi di dentatura diversi, l'importante e' che tutti siano rigidamente coadiuvanti tra essi.

Altri mi riportano difficolta' nel calcolo di un rapporto di trasmissione, laddove siano presenti ruote dentate di diverso diametro e, conseguentemente, con diverso numero di denti tra di loro.

Il motivo di queste incertezze e' certamente da attribuirsi ad una non completa digestione dell'argomento, in quanto, se siamo di fronte ad una cascata di ingranaggi semplice, cioe' senza ruote dentate doppie intermedie, le ruote dentate intermedie non bisogna considerarle, molto semplicemente, in quanto esse servono esclusivamente per trasmettere il moto rotatorio, ma non influiscono minimamente sul rapporto di trasmissione. Quest'ultimo, nel caso specifico, e' determinato esclusivamente dalla prima e dall'ultima ruota dentata. Infatti, poniamo di avere un ingranaggio formato da una ruota con 10 denti che ingrana con una da 27 che, a sua volta ingrana con una da 20 denti. In questo caso il rapporto verra' dato dal rapporto tra 10 e 20 e sara' quindi di 0,5. La ruota intermedia da 27 denti, potrebbe essere anche di 100 ed il rapporto non variera' di nulla, sara' sempre 0,5.

Il caso del disegno appena visto sopra, invece, e' diverso, poiche' una ruota ingrana un complesso di altre due ruote coassiali, ovviamente rigidamente vincolate tra loro, per andare poi a scaricare il moto su di una terza ruota. Nel disegno, riproposto qui sotto, i moduli e la forma dei denti sono diversi tra la prima coppia e la seconda coppia di ruote, ma per semplicita' noi supporremmo che tutte abbiano lo stesso modulo e che siano dello stesso tipo, non che cambi qualcosa, anzi, lo facciamo solo per eliminare motivi di preoccupazione in chi non e' ancora padrone della situazione. Ebbene, qui una prima demoltiplicazione la si ha nel primo accoppiamento (ruota motrice e la sua ruota condotta) e successivamente troviamo una seconda demoltiplicazione tra la ruota coassiale a quella condotta da essa, ossia la quarta ruota dentata, quella piu' grossa; chiameremo queste ruote A, B, C e D.

In questo caso il calcolo del rapporto di trasmissione sara' dato da A/B x C/D, cioe' se ipotizzassimo che le ruote piccole avessero 10 denti e quelle grandi 20 denti, avremmo 10/20 x 10/20 = 0,5 x 0,5 =0,25. Questo sarebbe come a dire che l'asse dell'ultima ruota fara' un quarto dei giri della prima ruota.

Quindi, come abbiamo visto in questo esempio, per ottenere il rapporto di riduzione finale, per nostra fortuna, i due risultati delle divisioni vanno moltiplicati e non sommati tra di loro.

Con questo esempio abbiamo anche visto che, in presenza di ruote doppie, siamo in grado di ottenere rapporti di trasmissione di un certo livello senza ricorrere a ruote troppo grosse. Nel caso preso in esame, per esempio, per ottenere lo stesso rapporto di 0,25, senza la ruota doppia intermedia, fermo restando il numero di denti della prima ruota, avremmo dovuto usare una ruota condotta di ben 40 denti, e questo, nel fermodellismo sarebbe stato un grosso ostacolo, perche' ruote troppo grosse non sono compatibili con gli spazi normalmente disponibili, spazi che sono sempre angusti, senza considerare che un rapporto di 1:4 non e' mai sufficiente nel nostro hobby e quindi la cascata di ingranaggi avrebbe dovuto continuare con altre coppie di ruote.

Lo spazio e' il nostro costante tiranno e, a causa sua, noi dobbiamo trovare ogni sistema per ottenere elevati rapporti di trasmissione usando ruote dentate di modeste dimensioni ed escogitando ogni strategia per ottenere lo scopo. Una delle strategie e' sicuramente quella di usare ruote dentate con un modulo piccolo, il piu' piccolo che ci consenta la potenza del nostro modello, unitamente alla precisione meccanica di cui siamo capaci. Questo e' un altro scoglio, in quanto moduli piccoli, nel nostro caso 0,3 o 0,4, presentano certamente ruote di piccolo diametro con tanti denti in piu' delle consorelle di modulo piu' grosso, ma, proporzionalmente, diminuiscono le dimensioni dei denti, fino al punto non tollerare piu' costruzioni non precisissime o potenze applicate troppo elevate.

Quella della precisione meccanica e' un'altra costante delle cascate di ingranaggi che andremo a costruire e bisogna abituarsi a convivere con precisioni al di sotto, almeno, di un decimo di millimetro qualsiasi sia il tipo di meccanismo che andiamo a creare. Gli ingranaggi sono delicati e suscettibili e non ci perdonano nulla.

Un altro sistema per ottenere elevati rapporti di trasmissione, come abbiamo gia' visto l'anno scorso, e' quello di usare accoppiamenti di vite senza fine e ruota dentata. Infatti, come abbiamo gia' detto nel precedente Master, la vite senza fine la si deve equiparare ad una ruota dentata che abbia un numero di denti pari al numero dei suoi principi. La cosa e' del resto perfettamente intuibile se noi pensiamo che ogni giro della vite senza fine fa avanzare la ruota dentata di un dente se la vite senza fine ha una sola elica, o per capirci meglio diciamo, una sola "filettatura" e di due denti se questa presenta due "filettature". Per notare il numero di "filettature" di cui dispone la vite senza fine, e' sufficiente guardarla di testa e contare i "principi" delle "filettature".
Stando cosi' le cose, capiamo immediatamente come sia possibile avere alti rapporti di trasmissione usando questo organo meccanico, in quanto un solo accoppiamento vite senza fine / ruota dentata ci permette di diminuire il numero di giri di 15 / 20 o anche 30 volte.

La vite senza fine e' un vero toccasana per i nostri problemi, soprattutto se pensiamo che quasi mai siamo costretti a superare rapporti di trasmissione che vanno oltre il 20. Mediamente, usando i normali motori a 12 Volts adatti al fermodellismo che sono acquistabili, Faulhaber compresi, per far raggiungere i 130 Km/ora in scala ai nostri modelli con ruote al vero da un metro o poco piu', e' sufficiente un rapporto di trasmissione di 1:15 / 1:20 e, se consideriamo che, usando un modulo 0,4, il diametro primitivo della ruota dentata da 15 denti e' di 6 mm, vediamo bene che trova tranquillamente posto calettato ad un asse con ruote di diametro 11,5, corrispondenti, in scala H0, a ruote di 1 metro al vero. Per la scala N il modulo potrebbe essere lo 0,3 e lo stesso rapporto di trasmissione appena visto prevedera' una ruota dentata di 4,5 mm tra ruote di 6,25 mm, anch'esso perfettamente compatibile.

Circa la scala N ci sarebbe da aggiungere che anche le grandi Case si semplificano un po' la vita usando ruote dentate di modulo 0,4 che, prevedendo meno denti a parita' di diametro, porta a ottenere costruzioni piu' robuste (denti un po' piu' alti e piu' grossi), ma anche rapporti di trasmissione un po' piu' "lunghi" e quindi velocita' in scala un po' maggiori rispetto al vero. Questa particolarita', pero', non e' scelta a caso, infatti se in scala H0 la velocita' realistica e' accettabile dall'occhio, per la scala N non e' cosi' e istintivamente troviamo congrua e appagante una velocita' superiore a quella che sarebbe corretta. Anch'io, nelle mie costruzioni, ho cambiato strategia e ho corretto in tal senso le prestazioni dei miei modelli, trovando cosi' una migliore rispondenza a quelle che sono le aspettative "coreografiche".

Le viti senza fine, quindi, ci risolvono molti problemi e ci consentono di ottenere facilmente e con pochi componenti una adeguata trasmissione per i nostri modelli, ma, siccome non e' sempre tutto oro quello che luccica, come avrebbero potuto non avere neanche un difetto? infatti hanno anch'esse qualche controindicazione.

La prima e piu' importante, e' quella di non essere reversibili, quindi la massa del treno che spinge, per esempio in fase di decelerazione, non ha significativi effetti sulla dolcezza del rallentamento che risulta decisamente brusco e innaturale. Per ovviare a cio' si ricorre a sistemi elettronici o meccanici, come i volani, coinvolgendo ulteriori risorse e complicando sensibilmente la fase progettuale e realizzativa. Altre caratteristiche negative, come l'usura dei denti della ruota accoppiata alla vite per esempio, sono di minore entita' e non coninvolgono in modo particolare il modellista.

A dispetto di cio', sono usatissime e non c'e' piu' un modello ferroviario che non ne faccia uso poiche', oltre a risolvere in un sol colpo i problemi di spazio e di demoltiplicazione, hanno un ottimo rendimento meccanico e l'accoppiamento vite s. f. / ruota dentata e' assolutamente silenzioso e accetta anche giochi particolarmente elevati, tanto da poter far sterzare il carrello direttamente accoppiato alla vite s. f. anche di 15° senza particolari patemi e con limitate cadute di rendimento meccanico.

Progettare una trasmissione, in se', non e' molto difficile; le cose fondamentali per ideare una buona trasmissione non sono molte. Innanzittutto e' necessario sapere precisamente il rapporto di trasmissione da attuare, Questo lo si ricava conoscendo il numero di giri del motore che useremo, naturalmente non il numero di giri a vuoto, bensi' quello che si ottiene caricando il motore di quelle resistenze che poi verra' a trovare una volta in posizione sulla nostra loco. Inutile dire che, nella maggioranza dei casi, questo dato lo si potra' ottenere solo per via sperimentale, o perche' non sappiamo nulla del motore in questione, oppure perche' le informazioni a corredo sono scarse o riferentesi ai soli dati a vuoto. Nel caso conoscessimo il numero di giri a vuoto, dovremo tener presente che i giri reali durante il funzionamento sulla loco, potranno calare da un 15% ad un 20% a seconda della complessita' della trasmissione e del tipo di macchina. Come sempre, potremo cominciare tenendo conto di una onesta via di mezzo.
Il secondo dato importante e' il diametro delle ruote motrici. Ovviamente macchine a ruote alte avranno necessita' di rapporti piu' "corti" e macchine a ruote basse di rapporti proporzionalmente piu' "lunghi".
Il terzo dato necessario e' quello relativo alla velocita' massima dell'originale da riprodurre.

Con questi parametri finalmente potremo pensare di ottenere il fatidico rapporto di trasmissione che poi, volendo, correggeremo un po', specialmente nel caso della scala N, al fine di ottenere un funzionamento accettabile dall'occhio alla massima velocita' in piena linea, tenendo sempre presente, pero', che allungare i rapporti di trasmissione, o usare motori aventi un "range" di velocita' limitato, peggiora sicuramente il funzionamento del modello a pochi volts, quindi alle basse velocita'. Quello che dovremo cercare, percio', sara' l'equilibrio tra queste due necessita': buon funzionamento alle vasse velocita' e buona velocita' massima.

Mediamente troveremo che un rapporto di 1: 15 sara' un buon compromesso per macchine a ruote basse che marcino al vero attorno ai 130 Km/h, mentre un rapporto di 1:30 o 1:35, sara' piu' indicato per macchine a ruote alte che marcino al vero a 100 / 120 Km/h.

Una volta definito questo parametro, dovremo pensare al posizionamento del motore e al punto in cui andremo a trasmettere il moto. Chiaramente, se motorizzare un locomotore a carrelli e' decisamente intuitivo e lo schema lo possiamo ritrovare in mille esempi commerciali, motorizzare una locomotiva a vapore impone molte piu' attenzioni e uno studio attento di tutte le possibilita' disponibili. In particolare in una macchina ad assi accoppiati, dovremo cercare di arrivare a trasmettere il moto in una posizione quanto piu' centrale possibile, tra gli assi accoppiati, o, se possibile, dovremo cercare di motorizzare quanti piu' assi potremo, questo soprattutto nella scala N, in modo da minimizzare l'effetto degli inevitabili laschi necessari al corretto funzionamento del biellismo in curva. Nel caso di piu' assi motorizzati sara' da tener ben presente la posizione della ruota dentata calettata sull'asse, in quanto questa non dovra' in alcun modo obbligare l'asse in una posizione che metta in tensione qualche biella, in pratica tutti i denti delle ruote dentate calettate sugli assi si dovranno trovare nella medesima posizione spaziale, rispetto al bottone di biella; questa sara' una delle maggiori attenzioni da avere.

Altra avvertenza, valida per ogni modello e' quella di ridurre al minimo il numero delle ruote dentate necessarie, intanto poiche' costano parecchio ognuna e poi perche' ad ogni ruota dentata introdotta nel progetto della nostra trasmissione, noi introdurremo necessariamente anche un nuovo gioco, quindi, nel caso di trasmissioni simmetriche su due carrelli, queste dovranno essere assolutamente speculari e composte dagli stessi elementi, in questo caso nei due carrelli e' buona norma evitare anche ruote dentate simili ma non perfettamente uguali tra di loro.

Bene, queste sono le indicazioni fondamentali, naturalmente come spesso mi trovo a dire, non bisogna aver paura di provare per capire meglio queste semplici regole e per capire eventualmente dove si sbaglia. Per nostra fortuna, la meccanica funziona bene solo in un unico caso, quello in cui si siano rispettate tutte le regole. Ricordate anche che provare una volta vuol dire fare meglio alla successiva.

Buon divertimento