Testo ripreso dal Master di modellismo tenuto a Firenze nell'Aprile 2004 e organizzato dall'ASN

La fotoincisione
(parte II)

Bene, cari amici, rieccoci qui nelle sale della Leopolda per continuare quella disanima sulla fotoincisione che avevamo cominciato in questi stessi locali l'anno scorso con l'inaugurazione del primo Master di Modellismo patrocinato dall'ASN. Chi c'era, o chi ha letto il testo relativo a quel Master su Rotaie.it, ricordera' che in quella prima presa di contatto con la fotoincisione abbiamo soprattutto "sgrossato" l'argomento, facendo un quadro completo delle sue varie caratteristiche, ma senza entrare profondamente nelle sue particolarita', salvo che per rispondere a specifiche domande sull'argomento. Ora noi continueremo da dove avevamo lasciato, riprendendo cose gia' trattate solo ove necessario per completare maggiormente la conoscenza della materia.

Le dimensioni delle lastre
Pur non essendoci regole rigide, le dimensioni usuali delle lastrine da fotoincidere, vanno dal formato A5 (la meta' di un foglio A4) al formato A3 (che e' il doppio di un foglio A4)
A seconda del grado di dettaglio che noi vogliamo riprodurre, variera' anche la terza dimensione, cioe' lo spessore, infatti, una delle regole fondamentali da tener sempre presente, e' che con questa tecnica noi saremo in grado di ottenere dei particolari che non potranno essere piu' sottili dello spessore della lastrina su cui avremo impresso il nostro disegno. Quindi, lastrina sottile per un ottimo dettaglio, lastrina spessa per un minor dettaglio. Per essere piu' chiari, diremo che da una lastrina da mm 0,4 di spessore non si potranno ottenere cose piu' sottili di 0,4 mm. Se dovessimo ottenere particolari di 0,2 mm, per esempio, dovremo usare una lastra di questo stesso spessore e cosi' via. Si evince chiaramente che quello che determina lo spessore massimo della lastra sara' il particolare, presente nel disegno, che abbisogna del maggior dettaglio. Proprio per questa ragione si usa suddividere i componenti che formano la nostra loco, raggruppandoli in lastre differenti a seconda del loro grado di dettaglio, in cui ognuna di esse abbia lo spessore massimo possibile, compatibilmente con la maggiore o minore delicatezza del disegno da riprodurre, per avere, nel contempo, il massimo grado di robustezza possibile.
Parlare del grande dettaglio, ci conduce anche a spendere qualche parola sull'importanza della perfetta centratura delle due pellicole che poi generano la lastra, perche', se dobbiamo ottenere particolari spessi solo qualche decimo di mm., risulta chiaro che non dovra' esserci assolutamente alcun disallineamento tra le due pellicole, pena la perdita dei particolari piu' minuti, in quanto, anche se il nostro errore fosse di un solo decimo di mm., un particolare calcolato al limite tecnico della riproducibilita', verrebbe inesorabilmente dissolto nell'acido, poiche' la parte sovrapposta dei due disegni (sotto e sopra) risulterebbe di dimensioni inferiori al minimo tollerabile da questa tecnica.

Per ridurre questo tipo di errore e' buona norma produrre crocini di modestissimo spessore; io uso abitualmente crocini di registo spessi 3 centesimi di mm., che normalmente mi danno la tranquillita' che ogni errore sara' sempre inferiore a questo ordine di grandezza.
Un consiglio spassionato e' quello di non arrivare mai al limite teorico delle possibilita' offerte da questa tecnica di riproduzione, bensi' di fermarsi un po' prima, garantendosi quel minimo margine di sicurezza che possa assorbire proprio quegli eventuali piccoli errori di allineamento.

Per verificare l’affidabilita' di un disegno, personalmente uso anche un altro semplice metodo, cioe' inserisco le parti piu' a rischio in lastre di altri lavori, di spessore leggermente maggiore di quelle a cui e' destinato il disegno stesso, sfruttandone le eventuali zone inutilizzate; se non ci sono problemi neanche cosi' facendo, significa che ci sono tutte le tolleranze necessarie ad ottenere una buona fotoincisione anche dalla lastra del corretto spessore, se la prova non fornisce esito positivo, allora bisogna analizzarne e valutarne le cause e capire cosi' se il problema sia da addebitare allo spessore maggiore della lastra usata, e quindi al maggior tempo di permanenza in acido, rispetto al giusto, o se invece il problema sta a monte, cioe' nel disegno; comunque, cosi’ facendo, ci si rende conto che si e' al limite o vicinissimi ad esso anche con la lastra del giusto spessore. In pratica, non c'e' tolleranza alcuna!
Un'altra cosa a cui fare molta attenzione quando si va a fare le pellicole dal service o dal tipografo, e' che esse vengano eseguite assieme e dalla stessa macchina. Fare le due pellicole di una stessa lastra su macchine diverse o in sessioni separate, introduce sempre qualche piccola differenza e poi sara' quasi impossibile portarle esattamente a registro, ma ci si dovra' accontentare di un risultato mediocre o, al massimo, solamente "quasi perfetto".

I testimoni
Nella precedente edizione del Master avevamo visto cosa sono i testimoni e quale sia la loro grandissima importanza nel trattenere legati alla lastra i particolari che avremo disegnato sulle pellicole.
Non e' indispensabile che i testimoni vengano disegnati su tutte e due le pellicole, e' sufficiente che lo siano solo su quella sotto, poiche' questa normalmente e' abbinata alla incisione piu' spessa (vedi "Incisione differenziata" piu’ avanti in questo stesso articolo) ed anche perche' la loro robustezza e' tale che risultano piu' che sufficienti al loro scopo anche se di spessore ridotto, pero' cosi' facendo, si preserva completamente la faccia superiore che e' quella normalmente abbinata all’incisione piu' sottile, piu’ delicata, quella delle decorazioni e dei particolari.
Per quel che concerne la loro larghezza, pur variando secondo il peso e la forma che devono sostenere, e' bene che non siano di misura inferiore al doppio dello spessore della lastra, quindi per lastrine spesse 0,3 mm. dovranno essere almeno di 0,6 mm e per lastrine di 0,4 mm dovranno essere almeno di 0,8 mm. e cosi' via.
I testimoni, purtroppo, lasciano un segno, una traccia, sul bordo a cui sono attaccati; anche abradendo il bordo leggermente con il dischetto, e' ancora visibile l'impronta nel punto in cui si trovavano.
Per evitare cio' ci sono due strade: o si tengono i bordi in cui poniamo i testimoni almeno di un decimo abbondanti per poter poi abradere congruamente senza il timore di andare sotto misura, oppure bisogna posizionarli nei punti che poi, a montaggio eseguito, non saranno piu' visibili. Questa seconda strada e' quella che consiglio a tutti e che cerco di usare sempre anch'io, pero' un minimo di abbondanza, magari solo qualche centesimo, e' comunque bene tenerla su tutte le parti tranciate che poi saranno in vista, indipendentemente dalla presenza dei testimoni, questo perche' uno dei piccoli problemi della fotoincisione e’ quello che sara' sempre visibile il segno di divisione nel senso dello spessore tra la parte consumata dall'acido di un lato e dell'altro. Per eliminare questo segno longitudinale e' sufficiente una passatina di dischetto abrasivo, se la lastra e' stata messa bene a registro, diversamente bisognera' darci dentro un po' di piu', ma allora si correrera’ il rischio di andare sottomisura. Mettere bene a registro le lastre e' importante anche per questa ragione, oltre che, come abbiamo gia’ visto, per non perdere i particolari piu' sottili.

Offset
Presentando nella sua generalita' la fotoincisione, l'anno scorso, abbiamo visto che i professionisti usano il colore NERO per indicare all'acido le parti che deve corrodere. Ebbene, detta cosi' verrebbe da pensare che si potrebbe fare una lastra tutta nera su cui disegnare i nostri oggetti in colore BIANCO, ovviamente trattenuti dagli opportuni testimoni. Concettualmente il ragionamento non fa una grinza, ma nella pratica le cose non stanno proprio cosi'. Quale sara' mai l'arcana ragione che ci impedisce di comportarci come logica vorrebbe? La ragione e' da ricercare nel fatto che il processo chimico di corrosione, come sottoprodotto, sviluppa molto calore. Il calore e' un dichiarato nemico delle nostre lastrine, poiche' tende a curvarle nel senso del verso piu' lungo, soprattutto quelle di dimensioni maggiori. Ecco quindi che per ridurre questo riscaldamento al minimo, e' necessario ridurre egualmente al minimo le zone in cui lavora l'acido e questo si ottiene creando dei "pozzetti", in cui porre i nostri oggetti, appena un po' piu' ampi di essi. Il "quanto" questi pozzetti devono essere piu' ampi della figura da fotoincidere, dipende esclusivamente dallo spessore della lastra in oggetto, poiche', come abbiamo visto nella sezione dedicata alle dimensioni delle lastre, come l'acido puo' risparmiare oggetti larghi quanto lo spessore della lastra, cosi' esso riesce a perforare spazi egualmente larghi quanto e' spessa la lastra. Saputo questo, risulta intuitivo che tale spazio di lavoro dell'acido, ottenibile facilmente dalla funzione Offset di molti programmi di disegno vettoriale, dovra' essere un po' maggiore di 0,3 mm su lastrine di questo spessore, un po' maggiore di 0,4 mm su lastrine di quest'altro spessore e cosi via. E' bene ricordare che queste misure sono il limite tecnico, quindi nella prassi si usa calcolare una volta e mezza lo spessore della lastra, lasciando uno spazio un po' maggiore nei punti in cui si trovano i testimoni per ragioni di mera praticita', apprezzando questa attenzione allorche' ci si accinge a tagliarli per liberare il pezzo da essi trattenuto.
Io, pur lavorando molto spesso con lastrine di spessore 0,3 o 0,4 mm mi sono abituato a lasciare un offset di 1 mm che riduco a 0,6 solo quando le superfici da corrodere sono ampie, tentando, in questo modo, di “cuocerle” un po' meno, lasciando, pero', sempre un po' piu' larghi i punti in cui si trovano i testimoni per le ragioni viste sopra.

Incisione differenziata
Piu' sopra ho fatto un rimando a quella che ho definito "Incisione differenziata". Spiego subito cos'e'. Con questa denominazione si intende identificare un'incisione che non e' pari da ambo i lati della lastrina, bensi' l'incisione lavora di piu' su di un lato che sull'altro. E' anche chiaro che, se si ricorre ad un artificio di questo genere, una solida ragione ci deve pur essere. Infatti, se noi abbiamo una lastrina di spessore 0,4 mm e l'incidiamo normalmente (0,2 mm per parte), otterremo tutti i particolari possibili con questo spessore, come abbiamo gia' visto in apertura. Capita, pero', che si voglia ottenere quegli stessi particolari da una lastrina di spessore maggiore, diciamo da 0,5 mm, sia per ragioni di maggiore robustezza che per altre. Noi abbiamo visto che, in una lastrina da 0,5 mm, il dettaglio dovra' essere piu' grossolano che in una da 0,4 mm, esattamente del 20 per cento. L'uomo pero' e' dotato di intelligenza e spesso riesce ad infrangere le regole consolidate, quindi, anche in questo settore, l'uomo incisore ha escogitato che, incidendo una lastrina da 0,5 mm solamente di 0,15 o 0,20 da un lato e concludendo la tranciatura dall'altro lato, avra' ottenuto su di una lastra da 0,5 mm, particolari possibili su di una lastra da 0,4 (o quasi, perche' qualche limite resiste e questo non e’ possibile in tutti I casi) ottenendo un risultato piu' robusto anche del 35 per cento. Non male, vero?
Questo e' uno dei "trucchi" piu' usati in fotoincisione, pero' ce ne sono altri ancora e cercheremo di vederne qualcun altro piu' avanti.

Le piegature e la creazione dei volumi chiusi
L'anno scorso ci eravamo lasciati, a causa dello scarso tempo a disposizione, proprio mentre stavamo parlando di quella che e' la grandezza maggiore della fotoincisione: le pre-piegature. Effettivamente, il poter eseguire piegature precise, esattamente dove noi vogliamo posizionarle, precise al centesimo di mm., e' una delle caratteristiche piu' fantastiche di questa tecnica. Sommando anche questa caratteristica alle altre gia' viste, appare chiaro che, con la fotoincisione, ci possiamo permettere di eseguire quasi tutto cio' che ci puo' venire in mente, non solo superfici lavorate a bassorilievo, bensi' anche interi volumi chiusi.
Ovviamente, salvo alcune fortunate eccezioni, in un locomotore od in una carrozza, soggetti particolarmente adatti a questa tecnologia, esisteranno delle zone di raccordo tra le superfici che, essendo bombate, dovranno essere eseguite con altre tecniche, ma il 90 per cento dei modelli e' possibile eseguirlo con la fotoincisione. Non solo piegature secche a 90 gradi, la curvatura a grande raggio degli imperiali, per esempio, si puo' preparare anch'essa incidendo, ovviamente dove questo sia possibile, la superficie inferiore di tali zone con molte linee fitte e sottili, scavate nel senso della lunghezza del locomotore o della carrozza. Questo modo di affrontare il problema, poi, oltre ad agevolare la piegatura di queste parti, offre anche l'ulteriore vantaggio di aiutare notevolmente il mantenimento della ortogonalita' complessiva del soggetto.

La creazione dei piccoli volumi
Abbiamo visto come ottenere i grandi volumi chiusi, relativi al complessivo del mezzo ferroviario, con questa tecnica, ma, operando diversamente, possiamo ottenere con facilita' anche tutti quei piccoli volumi, di forma spesso molto complicata, che possono riferirsi per esempio alle fiancate dei carrelli. In questo caso non useremo la piegatura come abbiamo visto per I grandi volumi, bensi' ci affideremo alla sovrapposizione di due, tre o piu' spessori di forme fotoincise, in cui, quelle centrali serviranno solo da riempitivo e quella in superficie sara' dettagliata in modo da riprodurre l'aspetto esteriore del soggetto originale. L’abilita’ nell’abbondare di un po’ con lo stagno, nella fase di saldatura di questi pezzi sovrapposti, permettera’ di far scomparire i sottili segni di divisione tra uno spessore e l’altro, che potrebbero rimanere visibili.

La sovrapposizione di piu' parti sara' utile tenerla presente anche nell'esecuzione dei ceppi freno, per esempio, al fine di far perdere loro quell'aspetto troppo lamiforme, plausibile solo visti di lato, ma che da tutte le altre angolazioni non sarebbero assolutamente realistici; due spessori sono sufficienti per dare il giusto senso di volume e robustezza a questi particolari, quello sotto di sostegno, senza molti dettagli e quello sopra dettagliato a rappresentare perfettamente il ceppo, naturalmente ove non si opti per usare questi particolari eseguiti per mezzo della microfusione.

Piccoli trucchi
Come ho detto nel precedente paragrafo dedicato alla incisione differenziata, a volte bisogna ricorrere a piccole “concessioni poetiche” per poter rappresentare la realta' non complicando troppo il nostro lavoro di fotoincisori. Infatti, non sempre le cose da riprodurre sono semplici, anzi, a volte i perversi progettisti di materiale ferroviario creavano coprigiunti, che gia' sono in rilievo, con a loro volta dei rivetti che li tenevano in posizione, quindi con un altro rilievo sul rilievo precedente; e' il caso degli imperiali di molte centoporte con il tetto in tela, ma non solo; questo particolare si ripresenta sovente anche in altre posizioni di carri e locomotori, per non parlare dei bordi di alcuni finestrini con una doppia altezza, vedi l’E 326, per esempio.
Ovviamente in questi casi si puo' ricorrere alla fotoincisione a tre o piu' livelli, ma il costo, sia delle aggiuntive pellicole, sia dello stesso lavoro di incisione, a causa dei supplettivi passaggi, aumenta considerevolmente, inoltre aumenta il rischio di qualche disallineamento delle pellicole che porterebbe ad avere i tanto sospirati rivetti un po' fuori centro rispetto al coprigiunto, con un risultato poco allineato agli sforzi fatti, ai soldi spesi ed esteticamente deprecabile. A volte quel che ci vuole e' dare il giusto senso della realta', anche senza riprodurla esattamente, quindi il furbissimo "homo incisor" ha escogitato l'astuzia di riprodurre i rivetti scavati nel coprigiunto, invece che in rilievo. L'effetto ottico, in assoluto, e' pressoche' eguale, infatti anch'essi godono del gioco di luci ed ombre come i normali rivetti, ma la cosa fondamentale e' che il nostro cervello sa benissimo che i rivetti sono in rilievo e, istintivamente, si rifiuta di pensare che siano scavati, quindi li giudica giustamente in rilievo, trovandoli perfettamente normali. A volte, a persona non esperta in questo genere di cose, anche un attento esame da vicinissimo non mette in evidenza che questi rivetti sono in negativo.
L'effetto visivo e' egualmente realistico, guadagnando pero' un paio di pellicole, molto lavoro in meno e, soprattutto, noi saremo certissimi che i rivetti siano esattamente al centro del coprigiunto come erano stati disegnati, senza nessuna possibilita' di errore.
Per mantenere la fotoincisione entro i due fatidici livelli se ne studiano di tutti i colori; per esempio, a volte si devono riprodurre delle porte su superfici che sono state gia' incise per meta', oppure per riprodurre delle chiodature, o delle scritte in rilievo, o dei coprigiunti, molti possono essere i motivi, quindi, invece che scavare ulteriormente il profilo della porta (come sarebbe realisticamente corretto, ma impossibile da praticarsi, perche' cosi' facendo tranceremmo la lastra in corrispondenza del profilo di ogni porta), li si esegue in rilievo, al pari delle maniglie o delle eventuali cerniere esterne. Devo dire che tutto sommato anche questa soluzione "passa" abbastanza silenziosa all’occhio.
A qualcuno potrebbe sembrare innaturale trovare in una lastrina piatta come quelle che fotoincidiamo noi, oggetti come una bicicletta, per esempio, con quel suo manubrio di traverso. Questo e' un "trucco" diverso, di altra natura, che si basa sul fatto che il nostro ottone e' relativamente morbido e si lascia manipolare facilmente per assumere le sembianze che noi vorremo. Se guardate bene la lastrina del Master 2004, riprodotta sotto, potrete notare che lo stesso "trucco" l'ho usato anche per ottenere i gradini inclinati tipici delle nostre scalette casalinghe. Li si fotoincide piatti, sullo stesso livello di tutto il resto, ma non completamente attaccati alle aste verticali, bensi’ attaccati ad esse solo con un trattino, simile ad un testimone, ma il piu’ breve possibile e poi, durante il montaggio, e' sufficinte prenderli con una pinzetta e farli ruotare nella loro posizione naturale.
Ripeto ancora, questo e' il regno della fantasia; senza di essa non si fa molta strada.
Di cose simili a quelle descritte sopra, se ne inventano ogni volta, poiche' ogni qual volta che ci accingiamo a creare qualcosa di nuovo, troviamo qualche punto in cui bisogna "inventare" per restare entro il fondamentale parametro dell'ottenimento della lastra con le sole due pellicole tradizionali della fotoincisione a due livelli, ma anche, come in quest’ultimo caso, per rendere possibili sistemi di montaggio facili e, soprattutto, piu’ veloci. Alla fine, man mano che ci si esercita e che si diventa sempre piu' bravi, diventa un'arte in cui ognuno recita a soggetto e risolve le varie problematiche inventando sempre qualcosa di nuovo.

La Lastrina del Master 2004
Come avevo gia' fatto l'anno scorso con quella del casello FS, anche quest'anno, per questo secondo Master, ho disegnato una lastrina per i partecipanti al corso, lastrina dimostrativa di quali siano i notevoli limiti a cui si puo' spingere la fotoincisione. A differenza dell'anno scorso, pero', il soggetto e' cambiato radicalmente, poiche', dovendo continuare la chiacchierata sulla fotoincisione e dovendomi addentrare in quelli che sono i suoi limiti tecnici, ho voluto che questi limiti fossero anche visibili, toccabili con mano e non restassero solo teorici; questo per testimoniare con l’esempio pratico le notevolissime possibilita’ che essa ci offre, quindi, questa volta sono andato ad operare su soggetti tipicamente coreografici, sicuramente di buon effetto, poiche' normalmente mancanti sia sui plastici che sui diorami, per lo meno in tutti quelli che ho visto finora, tantopiu' in scala N, e che contribuiranno a dare quel tocco di realismo in piu’ ai plastici, potendo realizzare con essi scene di vita quotidiana visibili in ogni dove.

Conclusione
Per chi possegga fantasia e spirito di osservazione, saranno infiniti gli spunti che potra' ricavare dalla vita di tutti i giorni, che poi potra' riprodurre per mezzo della fotoincisione; inoltre, come ben visibile sulla lastrina qui sopra riprodotta, non c'e' limite alla creativita' e all'estro artistico, infatti, per essere credibili non serve riprodurre cose realmente esistenti; si possono fare cose belle anche inventarndo, purche' si sia realistici, mettendo cosi' nei nostri plastici o nei nostri diorami anche un po' del nostro genio artistico che sara' diverso da quello degli altri, connotando cosi’ anche il risultato in modo diverso da ogni altro, facendoci sentire ancora piu’ “nostro”, piu’ personale, piu’ unico, il lavoro che andremo afare. Nella lastrina che vedete sopra, ci sono tutte o quasi le particolarita’ e i “trucchi” di cui abbiamo parlato in questo Master, a riprova che tutte le cose che abbiamo detto sono cose sempre utili e necessarie in questo genere di attivita’; non sono solo cose per esperti, ma entrano tranquillamente nel fare quotidiano e bisogna esserne padroni per poter eseguire un qualsiasi nostro progetto.
In questa lastrina come potete vedere, ho inserito cancelli in ferro battuto, biciclette sia da uomo che da donna, un Ciao della Piaggio da comporre con alcuni pezzetti, un tandem, una scaletta pieghevole di tipo casalingo, un po' di staccionata FS con il relativo cancello, tipico degli scali merce FS, c’e’ anche un poggiolo per case di montagna; tutte cose che possono arricchire simpaticamente il dettaglio dei nostri lavori, ma che, nel contempo, danno ottimamente anche il senso di quanto grandi siano le possibilita' di questa tecnologia ormai sempre piu’ alla portata di tutti.

Giorgio Donzello